quello che sento

Il Mondo dei Grandi

Quando ero piccola, non amavo prendere il sole. Mi piaceva mettermi all’ombra e ascoltare i discorsi degli adulti intorno a me. Per molti anni, finché non è nata mia sorella, sono stata la frugoletta del gruppo di ombrelloni attorno a cui si riunivano i miei genitori e i loro amici.

In quelle estati infinite, trimestrali, mi incantava la serenità che attribuivo ai “grandi”, soprattutto ai genitori degli altri bambini, più che ai miei giovani genitori, che vedevo più tranquilli, più riappacificati con la vita, più distesi, probabilmente, grazie alle ferie e al fatto che non condividessi tutto il tempo che passavo con i miei, sentendoli anche litigare, con loro.

Io faticavo tutti i giorni per far parte della élite dei bambini più grandi: sebbene ci separassero una manciata di anni, per loro non ero il batuffolino  riccioluto con gli occhioni azzurri e la erre moscia, che gli adulti si divertivano a coccolare e a cui far ripetere mille volte la parola “ramarro”, ma una vera e propria palla al piede.

Per me, che mi definivo, già a due anni, una “grande piccola”, questa mancata accettazione costituiva la fonte di un desiderio di crescita continuo ed impellente.

I genitori intorno ai quaranta mi sembravano più sereni dei miei punti di riferimento- anche i nonni confermavano questa tesi della capitalizzazione temporale della felicità- , i bambini più grandi facevano cose più belle: dovevo crescere velocemente, era l’unica soluzione possibile.

Volenti o nolenti, che la si desideri e la si aspetti con ansia o meno, la crescita, almeno quella anagrafica, è un fattore fisiologico e quindi è successo anche a me di diventare adulta e la realtà, come quasi sempre succede, è molto diversa dalle aspettative.

Fuori dalle fantasie infantili, cosa ci aspettiamo da un adulto?

Personalmente collego all’età adulta: la coerenza; una certa risoluzione e una conseguente maggiore serenità ;  la capacità di impegnarsi; di trattenersi dall’impulsività; di saper scegliere; di saper cambiare le cose.

Allo stato attuale, guardandomi intorno, le mie aspettative sulla crescita- forse destinate a fallire per la loro stessa natura di stelle cadenti nel panorama mentale di una persona- sono decisamente poco realistiche.

Sono circondata da adulti bambini, alcuni per non essere mai cresciuti, altri, per essere cresciuti troppo in fretta e nel momento sbagliato e tutti, o quasi, con una grandissima confusione in testa, altro che la tanto agognata serenità.

Oggi, parlando con una persona che fa parte del mio cuore, che è uno dei miei frammenti, a fronte di un fatto un po’ spiacevole, delusione e mondo dei grandi si sono coniugati in un matrimonio tutt’altro che felice, sebbene ben riuscito.

Forse dovremmo arrenderci al fatto che non esista un mondo dei grandi e un mondo dei piccoli, ma un mondo fatto di persone, composte da pezzi di varie entità, alcuni legati alla loro infanzia, altri alla loro crescita, alcuni modificabili, alcuni ormai fossili, che rimangono lì, come i vetrini di un caledoscopio a mischiarsi fra loro ad ogni giro di Vita e smettere di dispiacerci perché non assumono le colorazioni e le forme che desideriamo.

L’importante è non smettere mai di guardare dentro la lente per vedere cosa siamo o siamo diventati e che, almeno un po’, il disegno assomigli ai nostri desideri, ai nostri sogni, non alle nostre aspettative.

E ora a letto, visto che, nel mondo dei grandi, ci si sveglia presto per lavorare… e questo pezzettino di vetro, quello relativo alla sveglia che suona presto, sembra sia impossibile da cambiare.

“Accettati come sei in questo momento: una persona imperfetta, mutevole, in crescita e rispettabile”

Denis Waitley

piccolissima me

La mia prima volta in piedi… tentativi di crescita

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quello che sento

Lettera C, De Amicitia, ossia di come possano convivere volpi, piccoli principi, amicizie sospese, bicchieri sbeccati e chiavi altrui.

(Sono mancata per circa due mesi e mezzo. Facciamo finta di niente? Io direi di sì e voi non siete in grado di replicare, non in tempo utile, almeno. Il bello di avere un blog: essere dittatoriali.)

Questa estate fiorentina- e, in piccola parte, siciliana e romana- è volata, portando con sé parecchie ore di sonno, sacrificate sull’altare del divertimento, tanti colori, fiumi di mojito e shot di latte e menta e, ora che è passato anche il mio compleanno, il my double sweet sixteen, e quindi è crollato l’ultimo baluardo di allegria prima del countdown per il Natale, anche un po’ di spensieratezza.
Che ci fosse qualcosa nell’aria che stava cambiando si sentiva già prima che partissi per le ferie, ma non intuivo la portata di quanto stesse accadendo.
Sembrava solo una piccola crepa, come quando un sassolino si scaglia contro un parabrezza e lascia un segno, ma un segno infinitesimale.
Il segno, però c’era, io lo vedevo, lui lo vedeva.
L’amicizia fra adulti è una questione complicata. L’amicizia fra un uomo ed una donna adulti è più delicata di un bicchiere di cristallo. E non sempre le nostre mani sono prudenti.
Insomma, il nostro bicchiere aveva una sbeccatura già prima che partissi per le ferie.
Puoi far finta di nulla, puoi pensare che una minima incrinatura possa passare inosservata, ma sai che è lì, ogni volta che ci poggi le labbra per bere o sfiori il bordo con le dita, ti ricordi che non puoi far finta che non ci sia, rischi di tagliarti.
Inizi allora a trattare il tuo bicchiere con delicatezza, ma spesso, a quella incrinatura, basta un piccolo colpo, per allargarsi.
Sì, lo so, i bicchieri rotti si buttano e basta, ma a questo bicchiere, ti sei inaspettatamente affezionata. È  composto da parti tanto diverse, quanto simili, come colori complementari e non vuoi buttarlo. Vorresti ripararlo, ma non è facile.
Imparare a conoscersi da bambini, quello sì che è facile. Saper cambiare con il passare del tempo, già è un altro discorso. A quel punto, avvengono selezioni naturali degne dei migliori sviluppi darwiniani, ma conoscersi da adulti… beh, è proprio un’altra storia.

fea2ceb0ad6f7ff5ca2062a442baf835                       William Eugene Smith- “A walk to Paradise garden”, 1946 ( Grazie ad E per avermela mostrata e spiegata)

Arrivare ad ottenere la fiducia di una persona, a quel punto, arrivare a scambiare fiducia è più esatto, da adulti, è come dare le chiavi della propria casa.

È passare oltre le trincee e i muri che ha scavato l’esperienza per celare i tessuti molli della nostra anima, del nostro cuore.

Quella persona ha le chiavi per capirti e può usarle per scopi più o meno giusti, può farti male, può rubarti qualcosa. Ma non hai alternative, perché quando ti riconosci in qualcosa che appartiene ad un altro essere umano, che sia una luce negli occhi, un sorriso, una parola non puoi tirarti indietro a priori.

Quando un’amicizia finisce, soprattutto se finisce silenziosamente, se il distacco avviene senza chiarimento, senza frattura vera a propria, senza che il bicchiere cada a terra e si rompa in mille pezzi,-ed è frequente che ciò non avvenga, superata l’adolescenza- ti rimane un paio di chiavi, un paio di chiavi che, probabilmente, continueranno ad aprire per sempre quella porta, anche se non avrai mai occasione di dimostrarlo.
Sono una pasionaria, facile all’amicizia, quanto difficile all’amore, ho molte chiavi nel mio stipetto. A volte, come in questo caso, mi sono dovuta allontanare per vedere la questione da un’angolatura più ampia ed è ciò che ho cercato di fare per tutto questo mese, cercando di non fare passi troppo lunghi, perché so che, quando allungo le distanze, è difficile che poi torni indietro, che riprenda in mano quelle chiavi e non dimentichi a cosa mi servissero, quale cuore aprissero.

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A volte l’amicizia non è quello che sentivi, allontanarsi te lo fa capire. A volte era un semplice fuoco fatuo, ingigantito dalla curiosità della scoperta di qualcosa di nuovo e diverso, a volte è una proiezione dei nostri bisogni, delle nostre aspettative, altre volte, è qualcosa che nasce dalla pancia, dalla pelle, ma che non riesce a trovare le parole ed i gesti, perché siamo troppo abituati a celarci, ad avere paura della nostra nudità interiore.

Non ho ancora capito cosa sia successo al mio, al nostro, bicchiere, o meglio, non ne sono certa… le chiavi le ho ancora lì, almeno per un po’; bevo risentimento e malinconia, a volte, sfiducia, altre. In altre occasioni, qualcosa di leggero, simile all’aria, qualcosa che rimpiccolisce la questione, la fa diventare una goccia d’acqua  sulla punta del mio dito, così insignificante da chiedermi come si sia arrivati a questo punto.

Ma non sempre, anzi, questo è uno dei crucci più grandi della maggior parte degli esseri umani, le cose hanno una spiegazione, a volte, accadono e basta.

So che, molto probabilmente, questo bicchiere, questo paio di chiavi saranno qualcosa di cui sorridere, perché il tempo ridimensiona e, alle volte, se si supera la buriana, si arriva ad una sorta di infrangibilità, ad un passepartout che apre le porte e ti fa sentire a casa tua anche nella casa di un altro, nelle profondità buie di un altro, ma… ora è il presente, non è il futuro.

E forse qualcosa accadrà, forse no… forse ne varrà la pena… forse no. Io lascio che le cose scorrano, perché, solo una cosa mi è chiara: un rapporto in cui sono coinvolte due persone non può essere determinato dalla volontà di una.

(…) “In quel momento apparve la volpe.
“Buon giorno”, disse la volpe.
“Buon giorno”, rispose gentilmente il piccolo principe, voltandosi: ma non vide nessuno.
“Sono qui”, disse la voce, “sotto al melo….”
“Chi sei?” domandò il piccolo principe, ” sei molto carino…”
“Sono la volpe”, disse la volpe.
” Vieni a giocare con me”, disse la volpe, “non sono addomesticata”.
“Ah! scusa “, fece il piccolo principe.
Ma dopo un momento di riflessione soggiunse:
” Che cosa vuol dire addomesticare?”
” Non sei di queste parti, tu”, disse la volpe” che cosa cerchi?”
” Cerco gli uomini”, disse il piccolo principe.
” Che cosa vuol dire addomesticare?”
” Gli uomini” disse la volpe” hanno dei fucili e cacciano. E’ molto noioso!
Allevano anche delle galline. E’ il loro solo interesse. Tu cerchi le galline?”
“No”, disse il piccolo principe. ” Cerco degli amici. Che cosa vuol dire addomesticare?”
” È ‘ una cosa da molto dimenticata. Vuol dire creare dei legami…”
” Creare dei legami?”
” Certo”, disse la volpe. ” Tu, fino ad ora per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma, se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno uno dell’altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo.”
” Comincio a capire”, disse il piccolo principe. ” C’è un fiore…. Credo che mi abbia addomesticato…”
“È  possibile”, disse la volpe “capita di tutto sulla terra…”
“Oh! Non è sulla terra”, disse il piccolo principe.
La volpe sembrò perplessa:
” Su un altro pianeta?”
” Sì”
” Ci sono dei cacciatori su questo pianeta?”
” No”
” Questo mi interessa! E delle galline?”
” No”
” Non c’è niente di perfetto”, sospirò la volpe.
Ma la volpe ritornò alla sua idea:
” La mia vita è monotona. Io do la caccia alle galline, e gli uomini danno la caccia a me .Tutte le galline si assomigliano, e tutti gli uomini si assomigliano. E io mi annoio per ciò. Ma se tu mi addomestichi la mia vita, sarà come illuminata. Conoscerò il rumore di passi che sarà diverso da tutti gli altri. Gli altri passi mi faranno nascondere sotto terra. Il tuo, mi farà uscire dalla tana, come una musica. E poi, guarda! Vedi, laggiù in fondo, dei campi di grano? Io non mangio il pane e il grano, per me è inutile. I campi di grano non mi ricordano nulla. E questo è triste! Ma tu hai dei capelli color d’oro. Allora sarà meraviglioso quando mi avrai addomesticato. Il grano, che è dorato, mi farà pensare a te. E amerò il rumore del vento nel grano…”
La volpe tacque e guardò a lungo il piccolo principe:
” Per favore … addomesticami”, disse.
” Volentieri”, rispose il piccolo principe, ” ma non ho molto tempo, però.
Ho da scoprire degli amici e da conoscere molte cose”.
” Non si conoscono che le cose che si addomesticano”, disse la volpe.” gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici. Se tu vuoi un amico addomesticami!”
” Che bisogna fare?” domandò il piccolo principe.
” Bisogna essere molto pazienti”, rispose la volpe.
” In principio tu ti sederai un po’ lontano da me, così, nell’erba. Io ti guarderò con la coda dell’occhio e tu non dirai nulla. Le parole sono una fonte di malintesi. Ma ogni giorno tu potrai sederti un po’ più vicino….”
Il piccolo principe ritornò l’indomani.
” Sarebbe stato meglio ritornare alla stessa ora”, disse la volpe.
” Se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi, alle quattro, dalle tre io comincerò ad essere felice. Col passare dell’ora aumenterà la mia felicità.
Quando saranno le quattro, incomincerò ad agitarmi e ad inquietarmi; scoprirò il prezzo della felicità! Ma se tu vieni non si sa quando, io non saprò mai a che ora prepararmi il cuore… Ci vogliono i riti”.
” Che cos’è un rito?” disse il piccolo principe.
” Anche questa è una cosa da tempo dimenticata”, disse la volpe.
” È  quello che fa un giorno diverso dagli altri giorni, un’ora dalle altre ore. C’è un rito, per esempio, presso i miei cacciatori. Il giovedì ballano con le ragazze del villaggio. Allora il giovedì è un giorno meraviglioso! Io
mi spingo sino alla vigna. Se i cacciatori ballassero in un giorno qualsiasi i giorni si assomiglierebbero tutti, e non avrei mai vacanza”.
Così il piccolo principe addomesticò la volpe.
E quando l’ora della partenza fu vicina:
“Ah!” disse la volpe, “…Piangerò”.
” La colpa è tua”, disse il piccolo principe, “Io, non ti volevo far del male, ma tu hai voluto che ti addomesticassi…”
” È  vero”, disse la volpe.
” Ma piangerai!” disse il piccolo principe.
” È  certo”, disse la volpe.
” Ma allora che ci guadagni?”
” Ci guadagno”, disse la volpe, ” il colore del grano”.
soggiunse:
” Va a rivedere le rose. Capirai che la tua è unica al mondo”.
“Quando ritornerai a dirmi addio ti regalerò un segreto”.
Il piccolo principe se ne andò a rivedere le rose.
“Voi non siete per niente simili alla mia rosa, voi non siete ancora niente” , disse.
” Nessuno vi ha addomesticato e voi non avete addomesticato nessuno. Voi siete come era la mia volpe. Non era che una volpe uguale a centomila altre.
Ma ne ho fatto il mio amico e ne ho fatto per me unica al mondo”.
E le rose erano a disagio.
” Voi siete belle, ma siete vuote”, disse ancora. ” Non si può morire per voi. Certamente, un qualsiasi passante crederebbe che la mia rosa vi rassomigli, ma lei, lei sola, è più importante di tutte voi, perché è lei
che ho innaffiata. Perché è lei che ho messa sotto la campana di vetro, Perché è lei che ho riparato col paravento. Perché su di lei ho ucciso i bruchi (salvo due o tre per le farfalle). Perché è lei che ho ascoltato
lamentarsi o vantarsi, o anche qualche volta tacere. Perché è la mia rosa” E ritornò dalla volpe.
” Addio”, disse.
“Addio”, disse la volpe. “Ecco il mio segreto. È molto semplice: non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi”.
” L’essenziale è invisibile agli occhi”, ripeté il piccolo principe, per ricordarselo.
” E’ il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante”.
“E’ il tempo che ho perduto per la mia rosa…” sussurrò il piccolo principe per ricordarselo.
” Gli uomini hanno dimenticato questa verità. Ma tu non la devi dimenticare.
Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato. Tu sei responsabile della tua rosa…”
” Io sono responsabile della mia rosa….” Ripetè il piccolo principe per ricordarselo
.

“Il Piccolo Principe”- Antoine de Saint- Exupèry

(Se siete arrivati fin qui… sì, lo so che la sapete a memoria, ma, ogni tanto, fa bene rileggerla.)

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quello che penso

10 x 2014

Per l’avvento del 2014, contrariamente alle mie cattive abitudini, ho deciso di compilare un elenco dei buoni propositi per l’anno nuovo.

Uso l’indicativo per renderli più plausibili e certi, visto che, in quanto a buoni propositi, sono una principiante.

1-      Non farò più la ceretta di domenica.

Avere, a poche centinaia di metri da casa,  un centro estetico aperto di domenica è il sogno di tutte le donne, ma uscire dal letto, fare una doccia e ritrovarsi in cabina, a farsi strappare gli organi interni,  non è un buon modo per iniziare il “settimo giorno” .
– Se volessimo essere sincretici, dovremmo abolire proprio la ceretta nel fine settimana, ma insomma… rimaniamo aderenti alle “ matrici cattoliche”. (N.d.R . Prima o poi mi scomunicano, magari quest’anno)-

2-      Non comprerò mai più l’eyeliner  waterproof di Kiko

Può avere i suoi vantaggi quando dormi fuori casa, perché ricrea l’effetto “ donna del Mulino Bianco”, ma, se devi struccarti prima di andare a letto, devi armarti di carta vetrata. E, in ogni caso, sembrerai un lemure. Quindi, tanto vale fingersi morta, seguendo le tradizioni dei lemuri, e struccarsi l’indomani.
( Per mamma e per tutti i parenti oltre i 60 anni: quando dormo fuori casa, dormo in assoluta solitudine. Sempre.)

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3-      Formerò una air band

Moro, preparati: il futuro è nostro! Ovviamente, nelle mie performance, suonerò esclusivamente  strumenti ingombranti e rumorosi, come quelli che non mi sono stati comprati da piccola. Vi porto qualche esempio della mia capacità di rivelarmi molesta: a 7 anni volevo l’arpa, poi la batteria, da ultimo, il violoncello.

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4-      Ricomincerò a ballare

Nella mia testa, c’è l’idea di riprendere il tango, ma “ballare” è un termine che si presta a varie accezioni: spero di tornare a ballare sul prendisole della barca di Salvatore,  nelle milonghe con Marcela, sotto la pioggia, perché “l’importante non è sopravvivere alla tempesta” – Kahlil Gibran-.

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5-      Cambierò stazione radio ogni qualvolta si palesi la pubblicità dell’ Immobildream

Non è sano ascoltare Roberto Carlino, che “ non vende sogni, ma solide realtà”, mentre filosofeggia sul mercato azionario in calo e sulla ripresa del mattone, il tutto con una cadenza romana da far invidia a Er Monnezza. Negli ultimi spot, peraltro,  anche un po’ irritato, preso da sgomento e rabbia per le mancate vendite, esclama: “ Non restate in finestra!”, espressione che non userebbe neanche una mamma di Corviale, per farsi aiutare dai figli a portare la spesa.

E ora, le intenzioni serie, solo per chi è riuscito ad arrivare fin qui. 

6-     Sarò più leggera, dentro e fuori, senza ausilio di acque minerali, né di fermenti.

L’obiettivo è non pensarci troppo. Negli ultimi anni, ho abbandonato, almeno teoricamente, la programmazione, ora è bene completare il mio piano dandogli concretezza. All’inizio, questa mia pratica si è esplicata nella continua scoperta di ciò che mi riservava la Vita, prendendo tutto come una sorpresa. Ora, forse, è giunto il momento di porre un discrimine fra le occasioni sorprendenti d.o.c. e le sòle – termine romanesco che sta per “fregatura”, con un’incisività di molto superiore-.

L’unica cosa che vorrei programmare è un lento, inesorabile, fecondo calo ponderale. ( Ciao ristoranti stellati, ciao…)

7-     Sarò meno affidabile.

Se qualche Chef sta leggendo, vorrei precisare che non mi sto riferendo al lavoro.
Per gli amici, per 31 anni, ho fatto sempre quello che vi promettevo, come un’inesorabile goccia cinese.
La goccia cinese ha creato una fessura e l’acqua sta uscendo dal vaso e andando in ogni dove…

Sono certa che questo esperimento, mi agevolerà anche con la realizzazione del decimo proposito.

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8-      Ricomincerò a scrivere.

Qualcuno potrebbe obiettare che sia una dichiarazione pleonastica, una voce da spuntare già oggi. In questo momento, è vero, sto scrivendo, ma non so se questa attività continuerà in forma privata o pubblica. Se fossi in voi, sarei terrorizzata dal prospettarsi della seconda ipotesi.

Intanto, colgo l’occasione per ringraziare la mia amica Alice, il suo fidanzato,  Leonardo, e il  figliUolo, Nuok, perchè, senza di loro, non avrei ripreso il “vizio” di scrivere. Ora, anche stando fuori- o meglio. . fiancheggiando- quella meravigliosa famiglia, ne sento la necessità.

9-      Viaggerò.

Mio papà ha sempre voluto che affrontassi le esperienze con una certa gradualità: era convinto che, altrimenti, se avessi fatto tutto troppo precocemente, non avrei avuto la consapevolezza per goderne e sarei arrivata a 40 anni – perché, poi, proprio 40 è un mistero- senza nessuno stupore e senza poter più scoprire nulla.  Pur apprezzando le sue preoccupazioni,  direi che è ora, a 31 anni, di muoversi un po’ di più.  Non necessariamente supportata da compagni di viaggio. E, soprattutto, con un bagaglio leggero.
Sicuramente, all’inizio, saranno più fughe, che veri e propri viaggi, perché  sono ancora troppo inquieta, ma con  le mie esploratrici preferite a farmi da stella polare, Elisa e Alice, sono certa di poter mutare la mia prospettiva.
“(…) Viaggiare è solo stare altrove, non è più essere lontani” Isabelle Adjani.

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10-   Imparerò a usare con parsimonia il termine amico e a non nutrire aspettative.

Sono una pasionaria, forse  a causa del quarto di sangue romagnolo che ribolle nelle mie vene. Negli ultimi due anni, ho cambiato parecchie coordinate della mia Vita, a partire dall’ ambito lavorativo. Questo mi ha permesso di conoscere persone meravigliose, che mi hanno reso ricca, accogliendomi nelle loro case, nel loro cuore, nella loro quotidianità. Ugualmente, gli amici storici e la mia famiglia, la maggior parte di essi, almeno, hanno saputo adattarsi a questo cambiamento, agli orari assurdi, alla mia vita sregolata,  quindi posso dirmi doppiamente fortunata. Qualcuno si è perso, ma chissà…

In questo percorso, però, alle volte, ho preso degli abbagli, ho spalancato porte e cassetti che avrei dovuto aprire, per il mio bene, ma anche per quello di chi si trovava a riempire quegli spazi, con maggiore lentezza. Nel 2014, perciò, sarò meno impaziente nel darmi, meno pretensiva nel ricevere, ma più duratura…

Direi che 10 buoni propositi siano un inizio convincente per una persona che non ne ha mai formulato seriamente uno, quindi, come nel sette e mezzo, “sto”.

Buon Anno!

Anzi, no, un pensiero va a Robert Brezsny.

Caro Rob,

hai previsto che, nel 2014, sarò come Nick Drake in Pink Moon,  però con un successo di critica e pubblico immediato. Mi auguro per te che sia veramente così, altrimenti, per il 2015, ti faccio fare la fine di Roberto Carlino.

I bookmaker mi danno vincente 10 a 1, voi?

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